martedì 4 febbraio 2014

Il Governatore di Bankitalia conferma il contenuto dei miei articoli

Sulla questione del riassetto delle quote di Bankitalia e della loro rivalutazione, ho scritto due articoli (i due precedenti) ed ho tenuto un video live discorsivo per spiegare come stanno le cose e rispondere ad un po' di domande degli spettatori.

In questi giorni sono stato bersagliato da commenti dubbiosi (più che leciti), ed ho ascoltato e letto a parecchia informazione distorta sia in internet che in televisione e sui giornali.

L'ultima in ordine di tempo è stata Giorgia Meloni che poco fa, durante la trasmissione "Piazza Pulita", ha detto più o meno testualmente, che stiamo dando via l'oro della Banca d'Italia e che:
«se noi volessimo tornare alla lira,
saremmo costretti a ricomprarci le quote della Banca d'Italia»
(come se la politica monetaria, da statuto della Banca d'Italia, non fosse espressamente in capo al Governatore di nomina politica e non ai detentori delle quote).

Purtroppo la politica si è impossessata strumentalmente di una questione e l'ha piegata ai suoi voleri propagandistici, trascurando parecchi dati di fatto facilmente verificabili. E così, come accade spesso in questi casi, la gente riceve un rumore ambientale indistinto dove l'unica verità apparente è che le banche sono cattive, e banalità del genere.

Fortunatamente oggi il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, è intervenuto sulla questione, confermando praticamente tutto quello che ho scritto nei miei articoli e smentendo quello che stanno dicendo i politici di ogni versante.
 
È stato diffuso un documento semplificato ma preciso che vi racconto per sommi capi senza affrontare altre considerazioni tecniche che comunque sono interessante.
  1. La Banca d'Italia rimane pubblica.
  2. Non saranno pagati necessariamente 450 milioni di euro di dividendi, come prima non si pagava il limite massimo di 420 bensì 70.
  3. Questa riforma non migliora la valutazione delle banche dell'asset quality review.
  4. La Banca d'Italia non ci rimetterà, e neanche lo Stato.
  5. La Banca d'Italia comprerebbe quote per cederle immediatamente.
Inoltre ha tenuto una conferenza stampa insieme al Direttore Generale Salvatore Rossi per spiegare la cosa.

Durante la conferenza stampa ha inoltre confermato che:
  • La rivalutazione non influirà sugli stress test
  • Le quote oltre il 3% non le deve ricomprare la Banca d'Italia, ma le devono dismettere i partecipanti. Se non lo fanno, avranno un capitale fermo che non produce introiti.
  • Ci sono già centinaia di banche ed istituti di altra natura (con questa riforma possono partecipare anche fondi) che hanno intenzione di acquistare quote, quindi presumibilmente l'operazione sarà di compravendita e non solo di acquisto.
  • L'oro non c'entra un fico secco (capito, onorevole Meloni?)
Se volete una trattazione più approfondita, vi segnalo questo articolo (ed il seguente) del blog Econoliberal.

Il primo punto che non collima con quanto ho riportato nei miei articoli è il fatto che «la “Legge sul risparmio” del 2005 prevedesse, tra l’altro, il passaggio del capitale sociale della Banca allo Stato». Questa è un'opinione diffusa ma non mi risulta.

La cosiddetta Legge sul risparmio nell'articolo 19 comma 10 recita:
«Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.»
Si parla di un generico trasferimento di quote, non del fatto che la Banca d'Italia dovesse appropriarsene o di un qualche «passaggio del capitale sociale della Banca allo Stato». Per fare un esempio, anche la legge appena approvata prevede un «trasferimento, entro tre anni, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici».

Il secondo punto è invece la valutazione sulla questione del «credito facilitato» (il cavallo di battaglia del PD). Visco ha detto (ma non ha scritto) che  le banche con questa operazione avranno «un incentivo a fare credito» ma che vogliono «essere poco dirigisti». La mia riserva su questo punto, dunque, rimane.

Approfitto però per una breve spiegazione.

Al contrario di quello che si sente nei bar, la Banca d'Italia e/o lo Stato non possono costringere una banca commerciale a concedere prestiti. La Banca risponde ai suoi azionisti (e spesso alle fondazioni politiche, ok) ed opera nel libero mercato, per cui presta soldi per sperare di riaverli magari con gli interessi. Quindi, o garantisce e paga per tutti (e allora anche io sono capace a fare la banca), oppure la Banca deve arrangiarsi.

È chiaro che quindi la decisione di concedere un prestito è subordinato soprattutto alla valutazione del rischio («li rivedrò quei soldi?») e non tanto alla quantità di moneta o di asset (che sono una cosa bella, ma fino ad un certo punto).

In pratica: una banca commerciale non presta soldi perché ne ha abbastanza da prestare o perché è abbastanza solida per farlo, ma soprattutto perché è ragionevolmente sicura di riavere i soldi con gli interessi. E questo, mi spiace per i cittadini e le aziende, la Banca d'Italia non può assicurarlo con la rivalutazione delle quote.

(LeFou!)

UPDATE 04/02/2014 precisata la questione della legge sul risparmio del 2005.

6 commenti:

  1. Siamo sempre lì, Visco conferma che i soldi di quelle riserve vengono da proventi da signoraggio, quindi come si possono usare tali proventi per effettuare una rivalutazione delle azioni dei Soci? Ricordo che per legge i proventi da signoraggio non possono che essere di proprietà dello stato.

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  2. Inserito nel mio post il riferimento a questo post.

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  3. Cito dal documento della Banca d'Italia: "Anzitutto, in caso di riacquisto non solo sarebbero congelati i diritti di voto, ma i dividendi corrispondenti sarebbero riversati nei fondi di riserva, sui quali i partecipanti non hanno diritti."
    Ciò significa che prima del riacquisto le quote in eccesso concedano sia i voti che i dividendi? Altrimenti qual'è il motivo di questa specifica?

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    1. No, i diritti di voto e i corrispondenti dividendi sono bloccati da subito perchè

      1) Il decreto-legge 133/2013 (nel testo coordinato con la legge di conversione) stabilisce che:

      Ciascun partecipante non puo' possedere, direttamente o indirettamente, una quota del capitale superiore al 3 per cento. [...] Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia. (all'articolo 4, comma 5)


      2) il nuovo Statuto (vigente dal 30/11/2013) dice all'articolo 3 (commi di interesse):

      "4. [...] Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto e i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d’Italia [...]

      6. Il Consiglio superiore, con il parere favorevole del Collegio sindacale, avendo a riferimento la salvaguardia del patrimonio della Banca, disciplina i casi, i limiti, le modalità e le condizioni sulla base delle quali, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al capitale di cui al comma 4, la Banca può acquistare temporaneamente quote del proprio capitale dai soggetti indicati nel comma 3, fermo restando che l’acquisto avviene per un corrispettivo non superiore al valore nominale delle quote. [...]

      Il mio post: http://blogdifalco.blogspot.it/2014/01/sulla-banca-d-aggiornato_24.html

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  4. "In pratica: una banca commerciale non presta soldi perché ne ha abbastanza da prestare o perché è abbastanza solida per farlo, ma soprattutto perché è ragionevolmente sicura di riavere i soldi con gli interessi."
    Sono molti gli economisti che la pensano allo stesso modo riguardo a questo argomento..
    In particolare questo filone viene chiamato Circuitismo (tra gli altri annovera anche un certo Paolo Barnard tra i suoi fan) o anche teoria della moneta endogena..
    Il punto è che di solito che afferma la veridicità di tale assunto (quindi in teoria come te e me) pone anche il problema della indipendenza della Banca centrale di un paese..
    Il ragionamento è il seguente.. la banca centrale ha il compito di stabilizzare i prezzi (inflazione) controllando la quantità di moneta ( ovvero gli aggregati monetari) secondo la teoria quantitativa della moneta (dimostrata come una bufala da Keynes circa 80 anni fa)
    Tale controllo della quantità di moneta avviene principalmente attraverso il controllo della base monetaria (M0) ovvero della quantità di moneta che la banca centrale inietta nelle banche commerciali secondo l'assunto (da te giudicato falso) che se le banche hanno più riserve (più soldi da prestare) presteranno di più a prescindere dal rischio che i prestiti che le vengono richiesti, comporta.
    Non vedi alcuna contraddizione???

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